LA CORTE DEI CONTI 
            sezione regionale di controllo per l'Abruzzo 
 
    composta dai magistrati: 
        Manuela Arrigucci - Presidente di Sezione; 
        Marco Villani - Consigliere; 
        Luigi Di Marco - Consigliere; 
        Francesca Paola Anelli - Consigliere; 
        Antonio Dandolo - Consigliere (relatore); 
        Giovanni Guida - Primo Referendario. 
    ha  pronunciato   la   seguente   ordinanza   nel   giudizio   di
parificazione del rendiconto generale dell'esercizio finanziario 2018
della Regione Abruzzo; 
    Visti gli articoli 81, 97, 100, comma 2,103, comma 2, 117,  comma
1, e 136 della Costituzione;. 
    Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato
con  regio  decreto  12  luglio   1934,   n.   1214,   e   successive
modificazioni; 
    Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20,  recante  disposizioni  in
materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti; 
    Visti gli artt. 38 e 40 del decreto legislativo  n.  174  del  26
agosto 2016 (cd. Codice di giustizia contabile); 
    Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174,  convertito,  con
modificazioni,  in  legge  7  dicembre  2012,  n.  213  e  successive
modifiche ed integrazioni; 
    Visto l'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.
78; 
    Visto l'art 40 della legge  regionale  10  agosto  2010,  n.  40,
modificato dall'art. 32 della legge regionale 20  novembre  2013,  n.
42; 
    Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 384/C del 2  luglio
2019 con la quale e' stato approvato il "Disegno di  legge  regionale
recante:  "Rendiconto  Generale  per  l'esercizio  2018"  e  relativi
allegati; 
    Vista la deliberazione  di  Giunta  regionale  n.  619/C  del  23
ottobre 2019 avente  ad  oggetto:  "Rettifica  D.G.R.  n.  384/C  del
02.07.2019 a seguito della riapprovazione con modifiche del Conto del
Tesoriere con Deliberazione di Giunta  Regionale  del  23/10/2019  n.
610"; 
    Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 74/C del 3 febbraio
2020 avente ad oggetto: "Rendiconto  esercizio  2016,  2017  e  2018.
Rettifiche alle deliberazioni di Giunta regionale di approvazione dei
disegni di legge"; 
    Vista l'ordinanza n. 4/2020 del 10 febbraio 2020 con la quale  il
Presidente della Sezione regionale di  controllo  per  l'Abruzzo,  ha
convocato  la  Camera  di  consiglio  dell'11  marzo  2020   per   il
contradditorio con la  Regione  e  con  la  Procura  regionale  e  ha
trasmesso all'Amministrazione regionale lo schema di relazione  sulla
gestione  finanziaria  2016,  2017  e  2018  della  Regione  Abruzzo,
adottato dalla Sezione nella Camera di consiglio del 7 febbraio 2020,
cosi articolato: Volume I "La  gestione  finanziaria  del  bilancio";
Volume II "Attendibilita' e affidabilita' dei dati contabili"; Volume
III "L'organizzazione amministrativa e  le  spese  del  personale.  I
controlli  interni.  La  spesa   sanitaria";   Volume   IV   "Analisi
finanziaria delle societa' partecipate e degli enti strumentali della
Regione Abruzzo e gestione dei fondi strutturali e d'investimento"; 
    Vista la nota del Consiglio regionale prot. reg. n. 2582  del  24
febbraio 2020; 
    Visto il decreto n. 3/2020 del 9  marzo  2020  con  il  quale  il
Presidente  della  Sezione  regionale   di   controllo,   a   seguito
dell'emergenza epidemiologica da COVID 19, ha rinviato ad altra  data
la Camera di consiglio dell'11 marzo 2020; 
    Vista l'ordinanza n. 26/2020 del 12  giugno  2020  con  la  quale
Presidente della Sezione  regionale  di  controllo  ha  convocato  la
Camera di consiglio del 6 luglio 2020; 
    Vista l'ordinanza n. 28/2020 del 24 giugno 2020 con la  quale  il
Presidente della  Sezione  regionale  di  controllo  ha  disposto  la
trasmissione all'Amministrazione regionale e al Procuratore regionale
della nota aggiuntiva del Magistrato relatore,  contenente  ulteriori
verifiche e considerazioni nell'ambito dell'istruttoria  propedeutica
al giudizio di  parificazione,  in  relazione  al  Volume  III  della
relazione; 
    Vista l'ordinanza n. 30  del  7  luglio  2020  con  la  quale  il
Presidente della  Sezione  regionale  di  controllo  ha  disposto  la
riunione  dei  procedimenti  propedeutici  alla   parificazione   dei
rendiconti generali della Regione Abruzzo per gli esercizi finanziari
2016, 2017 e 2018, fissando l'udienza per il giorno 16 luglio 2020; 
    Vista l'ordinanza n. 31/2020 adottata all'udienza del  16  luglio
2020 con la quale la Sezione ha disposto la  riunione,  in  un  unico
giudizio  di  parificazione,  dei  giudizi  relativi  ai   Rendiconti
generali della Regione Abruzzo per gli  esercizi  finanziari  2016  e
2017 e il rixtvio della trattazione del giudizio di parificazione per
l'esercizio finanziario 2018 all'udienza del 30 luglio 2020; 
    Vista la deliberazione n. 202/2020/PARI del 14 settembre 2020 con
la quale questa Sezione; ha sospeso il giudizio sul capitolo di spesa
n. 11102 denominato "Funzionamento del  Consiglio  regionale",  nella
parte in cui trasferisce fondi destinati alle spese di personale  dei
gruppi consiliari ed ha stabilito di sollevare, in  via  incidentale,
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  40  della  legge
regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della  legge
regionale 20 novembre 2013, n. 42, secondo il quale  alle  spese  del
personale  dei  gruppi  non   si   applicano   i   limiti   stabiliti
dall'articolo 9, comma 28, e dall'articolo  14,  commi  7  e  9,  del
decreto legge 31 maggio  2010,  78,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Nell'ambito dei  controlli  effettuati  sul  rendiconto  generale
della Regione Abruzzo per l'esercizio  2018,  ai  fini  del  relativo
giudizio  di  parificazione,  e'  emerso  il  mancato   conseguimento
dell'obiettivo di finanza pubblica che limita la spesa sostenuta  per
il personale assunto a tempo determinato, o con altre forme di lavoro
flessibile, al 50% di quella sostenuta nell'anno 2009. 
    La spesa sostenuta  nell'esercizio  2009  per  lavoro  flessibile
dalla Regione Abruzzo e' stata, infatti, pari a 10.052.673  euro;  il
limite previsto dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78  del  2010  e',
quindi, pari a 5.026.336 euro. 
    L'Amministrazione regionale ha invece  sostenuto  una  spesa  per
personale flessibile pari a 5.211.021 euro nel 2016, a 5.522.496 euro
nel 2017 ed a 5.649.682 euro nel 2018. 
    Nel corso del giudizio la Regione ha controdedotto sostenendo  di
aver rispettato il vincolo suindicato, ove  si  escluda  dal  computo
della spesa  del  personale  flessibile  soggetta  a  limite,  quella
sostenuta per le assunzioni di personale dei gruppi  consiliari,  nel
merito, richiamando l'art. 40 della legge regionale 10  agosto  2010,
n. 40, modificato dall'art. 32  della  legge  regionale  20  novembre
2013, n. 42 che stabilisce che alle spese per il personale dei gruppi
consiliari non si applicano i limiti stabiliti dall'art. 9, comma 28,
del decreto legge n. 78 del 2010. 
    Con la deliberazione n.  202/2020/PARI  del  14  settembre  2020,
indicata in  epigrafe,  questa  Sezione  regionale  di  controllo  ha
sospeso il  giudizio  sul  capitolo  di  spesa  n.  11102  denominato
"Funzionamento  del  Consiglio  regionale",  nella   parte   in   cui
trasferisce fondi  destinati  alle  spese  di  personale  dei  gruppi
consiliari (capitolo 2024.85 denominato  "Budget  gruppi  consiliari"
del conto consuntivo del Consiglio regionale che costituisce allegato
al rendiconto della Regione, ai sensi dell'art.  3-bis,  della  legge
regionale 9 maggio 2001,  n.18)  e  ha  disposto  di  sollevare,  con
separata  ordinanza,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40,  modificato
dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42, ai  sensi
del quale alle spese del personale dei gruppi  "non  si  applicano  i
limiti stabiliti dall'articolo 9, comma 28, e dall'articolo 14, commi
7 e 9, del decreto legge 31 maggio 2010, n.  78  "Misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica", convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122". 
    Giova anche ricordare che con deliberazione n. 180/2020/PARI  del
1° settembre 2020; questa Sezione ha, peraltro, sospeso  il  giudizio
di parificazione  dei  rendiconti  generali  della  Regione  per  gli
esercizi finanziari 2016 e 2017 con  riguardo  al  medesimo  capitolo
11102,  denominato  "Funzionamento  del  Consiglio  regionale"  e  ha
sollevato, con ordinanza n. 41 del 28 ottobre 2020, analoga questione
di legittimita' costituzionale, in  relazione  al  medesimo  art.  40
della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art.  32
della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42. 
    La norma della cui conformita'  a  Costituzione  si  dubita,  che
mostra profili di incompatibilita' con il quadro costituzionale  gia'
riscontrati nel giudizio per i rendiconti  2016  e  2017,  riproduce,
peraltro, una deroga gia' introdotta  dall'art.  3,  comma  2,  della
legge regionale 28 settembre 2012, n. 48, impugnato dal Consiglio dei
ministri con deliberazione del 30 novembre 2012, ai  sensi  dell'art.
127 della Costituzione, per violazione degli artt. 97  e  117,  terzo
comma,  e  dichiarato  illegittimo  dalla  Corte  costituzionale  con
sentenza n. 289 del 2013. 
    Nel caso di  specie,  inoltre,  la  norma  regionale,  intendendo
riproporre   -   nella   sostanza   una   norma    gia'    dichiarata
incostituzionale,  potrebbe  presentare   un   ulteriore   vizio   di
legittimita'  costituzionale,  consistente   nella   violazione   del
giudicato costituzionale ex art. 136 della Costituzione. 
    Alla  luce  delle  precedenti  considerazioni,  che  non  vengono
scalfite dalle conclusioni formulate dalla Regione,  il  Collegio  ha
valutato rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  relativa  all'art.   40   della   legge
regionale n.  40  del  2010,  modificato  dall'art.  32  della  legge
regionale n. 42 del 2013, per contrasto con gli articoli 81, 97, 117,
comma 3, Cost., in relazione all'art. 9, comma 28, del decreto  legge
31 maggio 2010, n. 78, e con l'art. 136 Cost. 
 
                               Diritto 
 
    1. La norma regionale della cui  legittimita'  costituzionale  si
dubita l'art. 40  della  legge  regionale  10  agosto  2010,  n.  40,
modificato dall'art. 32 della legge regionale 20  novembre  2013,  n.
42) stabilisce che: "1. Ai fini di quanto disposto  dall'articolo  2,
comma 1, lettera h) del d.l. 174/2012, convertito  con  modificazioni
dalla l. 213/2012, e secondo  quanto  stabilito  dalla  Deliberazione
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e
le provincie autonome di  Trento  e  Bolzano  del  6  dicembre  2012,
l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale  definisce  il  tetto
massimo in termini finanziari per la determinazione dell'  ammontare.
della spesa per il personale dei gruppi consiliari in modo  tale  che
non ecceda complessivamente iI costo di  un'unita'  di  personale  di
categoria D, posizione economica D6, senza  posizione  organizzativa,
compresi  gli  oneri  a  carico  dell'ente  e  una  quota  aggiuntiva
forfettaria compensativa  degli  emolumenti  accessori  previsti  dai
contratti, nazionali e decentrati di lavoro, dalle leggi nazionali  e
regionali applicabili, ivi inclusi  i  buoni  pasto  e  compensi  per
lavoro  straordinario  da  determinarsi  entro  il   limite   massimo
spettante ai dipendenti di pari categoria e  posizione  economica  ai
sensi degli stessi contratti di lavoro, per ciascun consigliere.  Con
il medesimo atto ripartisce il budget  'complessivamente  determinato
fra i gruppi consiliari. 
    2. Il personale a qualsiasi  titolo  comandato  o  distaccato  da
soggetti pubblici o privati, nonche' assunto con  contratto  a  tempo
determinato  dal  Consiglio   Regionale,   allorche'   funzionalmente
collocato a disposizione dei  gruppi  consiliari,  deve  considerarsi
rientrante nei limiti del budget di cui al comma 1 individuata per il
gruppo consiliare. 
    3. In sede di prima applicazione del comma 1, e  con  riferimento
alla nona Legislatura in  corso,  I'  Ufficio  di  Presidenza,  fermo
restando il rispetto  del  tetto  massimo  di  spesa  ivi  stabilito,
determina i budget dei gruppi tenendo conto della spesa derivante dai
rapporti di lavoro flessibile e delle altre tipologie di rapporto  di
lavoro, di cui al comma 2, in essere alla data del 30 novembre 2013. 
    4. Le risorse di cui al comma 1 non possono in alcun caso  essere
destinate ad altre finalita' e le eventuali  risorse  non  utilizzate
nell'anno di riferimento per il reclutamento  del  personale  possono
essere utilizzate  nell'esercizio  finanziario  successivo,  mediante
apposita  e  separata  istruzione  alle   competenze   dell'esercizio
successivo fino al  termine  della  Legislatura,  alla  cui  scadenza
eventuali avanzi sono restituiti. 
    5. Alle spese di cui  al  comma  1  non  si  applicano  i  limiti
stabiliti dall'articolo 9, comma 28, e dall'articolo 14, commi 7 e 9,
del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure urgenti in materia di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica",
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122". 
    L'art. 9, comma 28, del decreto  legge  31  maggio  2010,  n.  78
dispone: "A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato,
anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali
di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto  legislativo  30  luglio
1999, n. 300, e  successive  modificazioni,  gli  enti  pubblici  non
economici, le universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70,
comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165  e  successive
codificazioni e integrazioni,  le  camere  di  commercio,  industria,
artigianato e agricoltura fermo quanto  previsto  dagli  articoli  7,
comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  possono
avvalersi di personale a tempo determinato o con  convenzioni  ovvero
con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite
del 50 per cento  della  spesa  sostenuta  per  le  stesse  finalita'
nell'anno  2009.  Per  le  medesime  amministrazioni  la  spesa   per
personale  relativa  a  contratti  di  formazione  lavoro,  ad  altri
rapporti formativi,  alla  somministrazione  di  lavoro,  nonche'  al
lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma  1,  lettera  d)  del
decreto  legislativo  10  settembre  2003,  n.  276,   e   successive
modificazioni ed integrazioni, non puo' essere superiore  al  50  per
cento di quella sostenuta per le rispettive finalita' nell'anno 2009.
I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si applicano, anche
con riferimento ai lavori socialmente utili, ai  lavori  di  pubblica
utilita' e ai cantieri di lavoro,  nel  caso  in  cui  il  costo  del
personale sia coperto da  finanziamenti  specifici  aggiuntivi  o  da
fondi dell'Unione europea; nell' ipotesi di cofinanziamento, i limiti
medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota  finanziata
da  altri  soggetti.  Le  disposizioni  di  cui  al  presente   comma
costituiscono principi generali  ai  fini  del  coordinamento  della'
finanza pubblica  ai  quali  si  adeguano  le  regioni,  le  province
autonome,  gli  enti  locali  e  gli  enti  del  Servizio   sanitario
nazionale. Per gli enti locali in sperimentazione di cui all'articolo
36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per  l'anno  2014,
il limite di cui ai precedenti periodi e' fissato  al  60  per  cento
della spesa sostenuta nel 2009. A decorrere dal 2013 gli enti  locali
possono superare il predetto limite per  le  assunzioni  strettamente
necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia  locale,
di istruzione pubblica e del settore sociale  nonche'  per  le  spese
sostenute per lo svolgimento di attivita' sociali mediante  forme  di
lavoro accessorio  di  cui  all'articola  70,  comma  1  del  decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le  limitazioni  previste  dal
presente comma non si applicano agii enti locali  in  regola  con  l'
obbligo di riduzione delle spese al personale di cui ai commi  557  e
562 dell' articolo  1  della  legge  27  dicembre  2006;  n.  296,  e
successive modificazioni, nell'ambito  delle  risorse  disponibili  a
legislazione vigente. Resta fermo che comunque la  spesa  complessiva
non  puo'  essere  superiore  alla  spesa  sostenuta  per  le  stesse
finalita'  nell'anno  2009.  Sono  in  ogni  caso  dalle  limitazioni
previste dal presente comma le spese sostenute per  le  assunzioni  a
tempo determinato ai sensi dell'articolo  110,  comma  1,  del  testo
unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267.  Per  il
comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta  formazione  e
specializzazione artistica  e  musicale  applicazione  le  specifiche
disposizioni di settore. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1,
comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n.  266.  Per  gli  enti  di
ricerca  resta  fermo,  altresi',  quanto  previsto  dal  comma   187
dell'articolo 1 della medesima legge n. 266 del  2005,  e  successive
modificazioni. Al fine di assicurare la continuita' dell'attivita' di
vigilanza sui concessionari della rete autostradale, ai  sensi  dell'
art. 11, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge n. 216 del 2011,
presente comma non si  applica  altresi',  nei  limiti  di  cinquanta
unita'  di  personale,  al  Ministero  delle  infrastrutture  e   dei
trasporti esclusivamente per lo svolgimento della predetta attivita';
alla copertura del relativo onere si provvede mediante  l'attivazione
della  procedura  per  l'  individuazione  delle   risorse   di   cui
all'articolo 25, comma 2, del decreto-legge 21 giugno  2013,  n.  69,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Alle
minori economie pari a 27 milioni di euro a decorrere dall'anno  2011
derivanti dall'esclusione degli  enti  di  ricerca  dall'applicazione
delle disposizioni del presente comma, si provvede mediante  utilizzo
di quota parte delle maggiori  entrate  derivanti  dall'articolo  38,
commi 13-bis e seguenti.  Il  presente  comma  non  si  applica  alla
strutturazione di cui all'art. 163, comma 3, lettera a), del  decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il mancato rispetto dei limiti di
cui al presente illecito  disciplinare  e  determina  responsabilita'
erariale. Per le  amministrazioni  che  nell'  anno  2009  non  hanno
sostenuto spese per le  finalita'  previste  ai  sensi  del  presente
comma, il limite  di  cui  al  primo  periodo  e'  computato  con  il
riferimento alla media sostenuta per le stesse finalita' nel triennio
2007-2009". 
    La  predetta  norma  regionale  ha  riprodotto  una  deroga  gia'
prevista dall'art. 3, comma 2, della  legge  regionale  28  settembre
2012, n. 48, impugnato dal Consiglio dei ministri  con  deliberazione
del  30  novembre  2012,  ai  sensi   dell'art   dell'art.127   della
Costituzione, per violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma  della
Costituzione e dichiarata. costituzionalmente illeggitima dalla Corte
costituzionale con sentenza n. 289 del 2013. 
    Il citato articolo disponeva: "Art. 3 (Attuazione del  comma  28,
dell' articolo 9,  e  dei  commi  7  e  9,  dell'  articolo  14,  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica",
convertito, con modificazioni, dalla l. 30 luglio 2020, n. 122). 
    1.  La  Regione,  nel   rispetto   dei   principi   generali   di
coordinamento della finanza pubblica, attua quanto disposto dal comma
28 dell'articolo 9, e dai commi 7  e  9  dell'articolo  14,  del  di.
7812010 convertito, con modificazioni, dalla l. 122/2010. 
    2. Ai fini di cui al comma 1 non si considerano le spese  per  il
personale di cui alla l.r. 9 maggio 2001,  n.  17  "Disposizioni  per
l'organizzazione ed il funzionamento delle  strutture  amministrative
di supporto agli organi elettivi della Giunta regionale" e al  Titolo
II della l.r. 9 maggio 2001, n. 18, nei limiti degli organici e della
spesa ivi previsti". 
    2.  In  via  preliminare  appare  necessario  soffermarsi   sulla
legittimazione di questa Corte ad adire il Giudice delle leggi. 
    La legittimazione delle  Sezioni  regionali  di  controllo  della
Corte dei conti a sollevare questioni di legittimita'  costituzionale
in  sede  di  parificazione  dei  rendiconti   regionali   e'   stata
riconosciuta in  piu'  occasioni  dalla  Corte  costituzionale  (cfr.
sentenze n.  181/2015,  n.  89/2017  e  n.  196/2018),  la  quale  ha
sottolineato la peculiare natura del giudizio di parificazione che si
svolge con le formalita' della  giurisdizione  contenziosa  (art.  40
r.d. n.1214 del 1934, Testo unico delle leggi sulla Corte dei conti),
prevede la partecipazione del Procuratore generale in contraddittorio
con i rappresentanti  dell'Amministrazione  e  si  conclude  con  una
pronunzia adottata in esito a pubblica udienza. Sulla  base  di  tali
considerazioni la  Corte  costituzionale  ha  esteso  ai  giudizi  di
parificazione dei rendiconti delle Regioni  a  statuto  ordinario  le
medesime conclusioni cui era pervenuta con riguardo  al  giudizio  di
parificazione del rendiconto generale dello Stato o di  quelli  delle
Regioni  ad  autonomia  differenziata  (sentenze  n.   165/1963,   n.
121/1966, n. 142/1968, n. 244/1995 e n. 213/2008). 
    Il giudizio di parificazione dei rendiconti regionali si risolve,
infatti, in una valutazione di  "conformita'  (...)  alle  norme  del
diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento  che  non
sia di ordine strettamente giuridico". Una funzione cioe' di garanzia
dell'ordinamento, di "controllo  esterno,  rigorosamente  neutrale  e
disinteressato (...) preordinato  a  tutela  del  diritto  oggettivo"
(sentenza n. 384 del 1991). 
    Detti   caratteri   costituiscono   indubbio   fondamento   della
legittimazione  della  Corte  dei  conti  a  sollevare  questioni  di
costituzionalita',   atteso   che   il   riconoscimento    di    tale
legittimazione, legata alla specificita' dei suoi compiti nel  quadro
della finanza  pubblica,  «si  giustifica  anche  con  l'esigenza  di
ammettere  al  sindacato  costituzionale  leggi   che,   come   nella
fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero per altra via, ad
essa sottoposte» (sentenza n. 226 del 1976). 
    Proprio in relazione a siffatte ipotesi la  Corte  costituzionale
ha auspicato (sentenza n. 406 del 1989) che, quando l'accesso al  suo
sindacato sia reso poco agevole, come accade in relazione ai  profili
attinenti all'osservanza di norme poste a tutela della sana  gestione
finanziaria e degli equilibri di bilancio, i  meccanismi  di  accesso
debbano essere arricchiti. La Corte dei conti e' la sede piu'  adatta
a far valere quei profili, e cio' in ragione della  peculiare  natura
dei suoi compiti,  essenzialmente  finalizzati  alla  verifica  della
gestione secundum legem delle risorse finanziarie. Sul punto, occorre
infatti ricordare che il giudizio di parificazione, allo stato  della
legislazione    vigente,    e'    l'unica    possibilita'     offerta
dall'ordinamento per sottoporre a scrutinio di  costituzionalita'  in
via incidentale, in riferimento ai principi costituzionali in materia
di finanza pubblica, le disposizioni legislative statali e  regionali
che, incidendo sui singoli capitoli, modificano  l'articolazione  del
bilancio  e  ne   possono   alterare   gli   equilibri   complessivi.
Conseguentemente, ove si escludesse la legittimazione di questa Corte
a  sollevare  questioni  di  costituzionalita'  in   riferimento   ai
parametri sopra individuati, si verrebbe  a  creare,  di  fatto,  una
sorta di spazio legislativo immune dal controllo di costituzionalita'
attivabile in via  incidentale.  Coerentemente,  nelle  piu'  recenti
pronunce, la Corte costituzionale (sentenza n. 181/2015 e n. 89/2017)
ha progressivamente ampliato i parametri costituzionali  rispetto  ai
quali la Corte dei conti puo' accedere al sindacato  di  legittimita'
costituzionale delle norme che vengono in  rilievo  nel  giudizio  di
parificazione.  La   legittimazione   di   questa   Corte,   infatti,
originariamente limitata al solo parametro  costituito  dall'articolo
81  della  Costituzione,  e'  ora  riconosciuta  su  tutte  le  norme
costituzionali tese a presidiare gli equilibri di finanza pubblica e,
dunque, anche  con  riferimento  all'articolo  119,  comma  6,  della
Costituzione (in materia indebitamento) e all'art. 97 (in merito alla
necessita'  che  le  pubbliche  amministrazioni,  in   coerenza   con
l'ordinamento  dell'Unione  europea,  assicurino   l'equilibrio   dei
bilanci e la sostenibilita' del debito pubblico). 
    Tale ampliamento risulta, peraltro,  in  linea  con  l'evoluzione
delle funzioni di controllo assegnate  alla  Corte  dei  conti,  alla
quale, in particolare a partire  dal  d.l.  n.  174  del  2012  e  in
corrispondenza con l'entrata in vigore della legge  cost.  20  aprile
2012, n. 1, e' stato riconosciuto il  ruolo  di  «garante  imparziale
dell'equilibrio economico - finanziario del settore pubblico».  Dette
forme di controllo, nella ricostruzione  operata  dal  Giudice  delle
leggi (sentenza n. 60  del  2013),  riposano  su  una  pluralita'  di
principi costituzionali, che non si esauriscono nell'art. 81 Cost. E'
stato, al riguardo, affermato che «alla Corte dei conti e' attribuito
il  controllo  sull'equilibrio  economico-finanziario  del  complesso
delle amministrazioni pubbliche a tutela dell'unita' economica  della
Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81,  119
e 120 Cost.) e ai  vincoli  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia
all'Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.)» (sentenza n.
60  del  2013).  Un  ruolo  centrale  nell'ambito  dei  controlli  di
legittimità-regolarita'  a   presidio   dei   richiamati.   parametri
costituzionali e' svolto proprio dal  giudizio  di  parifica  per  le
Regioni a statuto ordinario introdotto, come precisa il  primo  comma
dell'articolo 1 del citato d.l. n. 174/2012, «al fine  di  rafforzare
il coordinamento  della  finanza  pubblica,  in  particolare  tra  i'
livelli di governo statale e regionale, e di  garantire  il  rispetto
dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell' Italia  alli
Unione europea'... omissis». Sussiste, pertanto,  una  corrispondenza
tra i parametri costituzionali in base ai  quali  il  legislatore  ha
intestato alla Corte dei conti determinate funzioni di. controllo e i
parametri.  costituzionali  che  la  stessa  Corte  puo'  prendere  a
riferimento per sollevare dubbi di legittimita' costituzionale  delle
norme  che,  di  volta  in  volta,   vengono   in   rilievo   proprio
nell'esercizio dei medesimi controlli. 
    La Sezione quindi, ritiene di  essere  legittimata,  in  sede  di
giudizio di parificazione,  a  sollevare  questioni  di  legittimita'
costituzionale. 
    3. Quanto alla rilevanza  della  questione,  la  Sezione  ritiene
necessario  svolgere  alcune  considerazioni  preliminari  in  merito
all'oggetto del giudizio di parifica di cui  all'art.  39  del  Testo
Unico delle leggi sulla Corte dei  conti  (regio  decreto  12  luglio
1934, n. 1214), al quale l'art. 1, comma 5, del d.1, n. 174 del 2012,
fa rinvio. 
    Vale la pena innanzitutto richiamare l'evoluzione della  naturale
finalita' del bilancio pubblico, passato da «strumento descrittivo di
fenomeni  di   mera   erogazione   finanziaria»   a   «strumento   di
realizzazione di nuove funzioni di governo e'  piu'  in  generale  di
politica economica e finanziaria» finalizzata a «meglio  programmare,
definire e controllare le entrate  e  le  spese  pubbliche»  fino  ad
assumere il ruolo di «bene pubblico nel senso  che  e'  funzionale  a
sintetizzare e rendere certe le scelte dell'ente territoriale, sia in
ordine all'acquisizione delle entrate, sia alla individuazione  degli
interventi attuativi delle  politiche  pubbliche»  (ex  multis  Corte
costituzionale n. 184 del 2016). 
    Cio' ha indotto una inevitabile rivisitazione del ruolo assegnato
al giudizio di parifica intestato alla Corte dei conti. 
    Quest'ultimo,   allo   stato   attuale    della    giurisprudenza
costituzionale, ha come oggetto la verifica delle riscossioni  e  dei
pagamenti e dei relativi resti (residui) e, soprattutto, la  verifica
a consuntivo degli equilibri di  bilancio  sulla  base  del  bilancio
preventivo e di' tutte le  disposizioni  sopravvenute  che  ne  hanno
modificato la struttura. tal modo, il giudizio  di  parificazione  si
pone come strumentale al ruolo di garante imparziale  dell'equilibrio
economico-finanziario del settore  pubblico  che  il  legislatore  ha
attribuito alla Corte dei conti. 
    In coerenza con questa  ricostruzione,  la  Corte  costituzionale
(sentenza n. 213 del 2008) ha affermato la legittimazione della Corte
dei conti, sede di giudizio di parificazione, a  sollevare  questione
di legittimita' costituzionale «avverso tutte quelle disposizioni  di
legge che determinino effetti modificativi  dell'  articolazione  del
bilancio per il fatto stesso di incidere,  in  senso  globale,  sulle
unita' elementari, vale a  dire  sui  capitoli,  con  riflessi  sugli
equilibri  di  gestione,  disegnati  con  il  sistema  dei  risultati
differenziali». 
    Si e' consolidata, inoltre, nella giurisprudenza di questa  Corte
(ex multis decisione n. 36/CONTR/2011 delle Sezioni  Riunite  per  la
Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, decisioni n. 116/2014/PARI e n.
39/2016/PARI della Sezione  regionale  di  controllo  per  l'Abruzzo,
decisione n. 36/2014/PARI della Sezione regionale di controllo per la
Calabria,  decisione  n.  46/2014/PARI  della  Sezione  regionale  di
controllo per la Liguria, decisione n.  2/  2014  /SS.RR./PARI  delle
Sezioni  riunite  per  la  Regione  siciliana)  la  possibilita'   di
procedere ad una  parifica  parziale,  in  linea  con  l'oggetto  del
giudizio che, come detto, si sostanzia  in  piu'  parifiche  distinte
delle diverse poste, che confluiscono sul risultato complessivo. 
    Nella fattispecie  del  giudizio  sul  rendiconto  della  Regione
Abruzzo  per  l'esercizio  2018,  le  valutazioni  finalizzate   alla
parificazione per l'esercizio finanziario 2018 del capitolo di  spesa
11102  denominato  'Funzionamento  del  Consiglio  regionale",  nella
misura in cui trasferisce fondi destinati alle spese di personale dei
gruppi  consiliari  (capitolo  2024.85  denominato   "Budget   gruppi
consiliari"  del  conto  consuntivo  del  Consiglio   regionale   che
costituisce allegato al rendiconto della Regione ai  sensi  dell'art.
3-bis della legge regionale 9  maggio  2001,  n.  18),  presuppongono
l'applicazione dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010,  n.
40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20  novembre  2013,
n. 42, che ha riprodotto una deroga gia' prevista dall'art. 3,  comma
2, della legge regionale 28 settembre  2012,  n.  48,  impugnato  dal
Consiglio dei ministri con delibera del 30 novembre  2012,  ai  sensi
dell'art. 127 della Costituzione, per violazione  degli  artt.  97  e
117, terzo comma, della Costituzione e dichiarato  costituzionalmente
illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 289 del 2013. 
    Infatti,  la  spesa  sostenuta  nell'esercizio  2009  per  lavoro
flessibile dalla Regione Abruzzo e' stata pari a 10.052.673 euro;  il
limite previsto dall'art. 9, comma 28, del decreto  legge  31  maggio
2010 n. 78 risulta, quindi, pari a 5.026.336 euro. 
    L'Amministrazione regionale ha, invece, sostenuto, nell'esercizio
in considerazione,  una  spesa  per  il  personale  assunto  a  tempo
determinato o con altre forme di lavoro flessibile pari  a  5.649.682
euro. 
    Tale sforamento e' da imputare  all'incremento  della  spesa  del
personale dei gruppi che e' aumentata in misura consistente, passando
da  859.871  euro  nel  2009  a  1.759.970  euro  nel  2018   e   che
l'Amministrazione regionale assume di non dover computare nel calcolo
della spesa per il personale a tempo determinato soggetto al  vincolo
di cui all'art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010  n.  78
proprio in virtu' dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto  2010,
n. 40, modificato dall'art. 32  della  legge  regionale  20  novembre
2013, n. 42. 
    E'  evidente,  infatti,  che,  nella  vigenza  della   menzionata
disposizione di legge regionale, la Sezione  dovrebbe  parificare  la
predetta posta del rendiconto della Regione Abruzzo, pur in  presenza
di dubbi di compatibilita' della spesa  in  discorso  con  il  quadro
costituzionale. 
    L'art.  40  della  legge  regionale  sopracitata,  infatti,   nel
prevedere una deroga della disposizione di cui all'art. 9, comma  28,
del decreto legge 31  maggio  2010,  n.  78,  finisce  per  ledere  i
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione  (Corte
costituzionale n. 289 del 2013). 
    Tale violazione si riverbera, inevitabilmente,  nella  violazione
dei principi costituzionali di cui all'art. 81 Cost  e  all'art.  97,
comma 1, Cost., per lesione del principio dell'equilibrio di bilancio
e del principio di  copertura  finanziaria  in  quanto  determina  un
effetto espansivo della spesa non consentito, con la conseguenza  che
anche  le  risorse  utilizzate  a  copertura  risultano  viziate  per
"illegittimita' derivata". 
    Laddove la  Sezione  non  sollevasse  questione  di  legittimita'
costituzionale,  dovrebbe   parificare   spese,   certificandone   la
legittimita', che assume illegittime, violando -  essa  stessa  -  il
compito essenziale che le e' stato conferito  dalla  Costituzione  ai
sensi dell'art 100,  comma  2  e  art.  103,  comma  2,  nonche'  dal
parametro interposto di cui all'art 1, comma 1 e ss, del d.l. n.  174
del 2012, convertito con modificazione dalla legge n. 213 del 2012. 
    Sul punto, e' lo stesso Giudice delle leggi ad aver rimarcato che
- stante l'incompetenza della  Corte  dei  conti  a  condizionare  il
contenuto degli  atti  legislativi  regionali  o  privarli  dei  loro
effetti  perche'  tale  prerogativa  e'  demandata  al  sindacato  di
costituzionalita'  delle  leggi  regionali   spettanti   alla   Corte
costituzionale (cfr. sentenza n. 39 del 2014) -  "ove  sia  la  legge
stessa a pregiudicare principi di rango costituzionale,  l'unica  via
da percorrere per il giudice della parificazione  rimane  proprio  il
ricorso   all'incidente    di    costituzionalita'"    (cfr.    Corte
costituzionale, sentenza n. 138 del 2019). 
    Alla luce di quanto esposto, la Sezione ritiene che la  questione
di  legittimita'  costituzionale,  di  seguito   illustrata,   assuma
rilevanza ai  fini  del  giudizio  di  parificazione  del  rendiconto
generale della Regione Abruzzo per l'esercizio finanziario  2018  del
citato  capitolo  di  spesa  11102  denominato   "Funzionamento   del
Consiglio regionale", nella misura in cui trasferisce fondi destinati
alle spese di  personale  dei  gruppi  consiliari  (capitolo  2024.85
denominato  "Budget  gruppi  consiliari"  del  conto  consuntivo  del
Consiglio regionale che  costituisce  allegato  al  rendiconto  della
Regione ai sensi dell'art. 3-bis della legge regionale 9 maggio 2001,
n.18), atteso il diverso  esito  delle  valutazioni,  a  seconda  che
vengano applicate o meno le disposizioni di legge impugnate. 
    4. Parimenti, la Sezione ritiene che la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 40 della legge regionale Abruzzo piu'  volte
citata non sia manifestamente infondata per contrasto con l'art. 117,
terzo comma, in relazione all'art. 9, comma 28, del decreto legge  31
maggio 2010, n. 78 e con precedenti  statuizioni  di  sentenze  della
stessa Corte costituzionale. 
    Sotto primo profilo, si  richiama  l'art.  117,  comma  3,  della
Costituzione nella parte  in  cui  sancisce  che  "Nelle  materie  di
legislazione concorrente spetta alle Regioni la potesta' legislativa,
salvo che per la determinazione dei principi fondamentali,  riservati
alla legislazione dello Stato". 
    Tra tali principi rientrano certamente  anche  quelli  legati  al
coordinamento della finanza pubblica. 
    La norma regionale prevede la  deroga,  da  parte  della  Regione
Abruzzo, della disposizione di cui all'art. 9, comma 28, del  decreto
legge 31 maggio 2010, n.  78,  in  forza  della  quale,  a  decorrere
dall'anno 2011, le amministrazioni  pubbliche  possono  avvalersi  di
personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con  contratti
di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della
spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009 e di quelle di
cui all'art. 14, commi 7 e 9,  dello  stesso  decreto  in  base  alle
quali, ai fini del concorso delle autonomie  regionali  e  locali  al
rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti  al
patto di stabilita' interno assicurano la riduzione  delle  spese  di
personale; e a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche
possono avvalersi di personale a tempo determinato o con  convenzioni
ovvero con contratti. di collaborazione  coordinata  e  continuativa,
nel limite del 50% della spesa  sostenuta  per  le  stesse  finalita'
nell'anno 2009. 
    La verifica sulla spesa del  personale  a  tempo  determinato  ha
evidenziato, come  sopra  osservato,  per  l'anno  2018,  il  mancato
conseguimento del predetto obiettivo di finanza pubblica. 
    La Regione ha obiettato l'esclusione dalla  spesa  del  personale
flessibile  soggetta  a  limite,  di  quella  sostenuta  dai   gruppi
consiliari per le assunzioni di personale richiamando l'art. 40 della
legge regionale n. 40 del 2010 che stabilisce che alle spese  per  il
personale dei gruppi consiliari non si applicano i  limiti  stabiliti
dall'art. 9, comma 28, del d.l. 78 del 2010. 
    La norma regionale,  della  cui  legittimita'  costituzionale  si
dubita, contrasta con il citato art. 9, comma 28, del d.l. n. 78  del
2010, che non consente deroghe, e le cui  disposizioni  costituiscono
principi generali ai fini del coordinamento della  finanza  pubblica,
ai quali si adeguano le regioni, le province autonome e gli enti  del
Servizio sanitario nazionale. Pertanto, tale disposizione si pone  in
contrasto con la normativa vigente in materia di  contenimento  della
spesa e di vincoli alle assunzioni del personale di regioni  ed  enti
locali ponendosi in contrasto con i principi stabiliti dall'art. 117,
comma 3, della Costituzione che inquadra la materia del coordinamento
della finanza pubblica fra quelle di legislazione concorrente. 
    Il citato art. 40  della  legge  regionale  n.  40  del  2010  ha
riprodotto la deroga  prevista  dall'art.  3,  comma  2, della  legge
regionale 28 settembre 2012, n. 48, il cui testo originario era  cosi
formulato: "Ai fini di cui al comma 1 non si considerano le spese per
il personale di cui alla 1.r. 9 maggio 2001, n. 17 "Disposizioni  per
l'organizzazione e il funzionamento delle strutture amministrative di
supporto agli organi elettivi della Giunta Regionale" e al titolo  II
della l.r. 9 maggio 2001, n. 18, nei limiti degli  organici  e  della
spesa ivi previsti". 
    Questa norma era stata impugnata dal Consiglio dei  ministri  con
deliberazione dei 30 novembre 2012,  ai  sensi  dell'art.  127  della
Costituzione, per violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma, della
Costituzione e dichiarata costituzionalmente illegittima dalla  Corte
costituzionale con sentenza n. 289 del 2013 che con tale pronuncia ha
avuto modo, come gia' fatto in  precedenti  occasioni,  "di  ribadire
(sentenze n. 108 del 2011 e 148 del 2012) che l'art. 14, comma 7, del
d.l. n. 78 del 2010 - norma  che  introduce  una  nuova  formulazione
dell'art. 1, comma 557- bis, della legge 27  dicembre  2006,  n.  296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007) e le norme di cui  all'art.  l,
commi 557-bis e 557-ter, della stessa legge n. 296 del 2006,  nonche'
quelle di cui all'art. 76, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 112  del
2008  (Disposizioni   urgenti   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica e la perequazione  tributaria)  -,  essendo  «ispirate  alla
finalita'  del  contenimento  della  spesa  pubblica,   costituiscono
principi fondamentali nella materia del coordinamento  della  finanza
pubblica,  in  quanto  pongono  obiettivi  di  riequilibrio,   senza,
peraltro, prevedere strumenti e modalita' per  il  perseguimento  dei
medesimi». 
    Ed invero, «la spesa per il  personale,  per  la  sua  importanza
strategica ai fini dell'attuazione del patto  di  stabilita'  interna
(data la sua rilevante entita'), costituisce non gia' una minuta voce
di dettaglio,  ma  un  importante  aggregato  della  spesa  di  parte
corrente, con la conseguenza che  le  disposizioni  relative  al  suo
contenimento assurgono a principio  fondamentale  della  legislazione
statale» (sentenza n. 69 del 2011, che richiama la  sentenza  n.  169
del 2007). 
    Anche con riferimento all'art. 14, comma 9, del d.l.  n.  78  del
2010 (che ha novellato l'art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008),
questa Corte (sentenze numeri 108 del 2011 e 148  del  2012)  ha  poi
riconosciuto  la  stessa  natura  di  principio  fondamentale   anche
all'art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008 (sia  pure  nel  testo
vigente al momento della anzidetta decisione). 
    Ad identiche conclusioni questa Corte e' giunta, nelle richiamate
pronunce e nella successiva  sentenza  n.  262  del  2012,  circa  la
valenza dell'art. 9, comma 28, sempre sul presupposto che tale  norma
pone obiettivi di riequilibrio in un aggregato di spesa di  rilevante
importanza strategica quale quello delle spese per il personale. 
    La Corte costituzionale, peraltro, in precedenza (ved.  sent.  n.
173 del 2012, punto n. 11 del considerato in diritto), aveva respinto
i ricorsi proposti da regioni a  statuto  ordinario  in  merito  alla
legittimita' costituzionale di tale limite di spesa. 
    Il Giudice delle leggi  ha,  infatti,  osservato  che  "la  norma
oggetto della presente  questione  e'  stata  legittimamente  emanata
dallo  Stato  nell'esercizio  della  sua  competenza  concorrente  in
materia di coordinamento della finanza pubblica. Essa, infatti,  pone
un obiettivo generale di contenimento  della  spesa  relativa  ad  un
vasto settore del personale e, precisamente, a quello  costituito  da
quanti collaborano con le  pubbliche  amministrazioni  in  virtu'  di
contratti diversi' dal rapporto di  impiego  a  tempo  indeterminato.
L'art.  9,  c.  28,  censurato,  d'altronde,  lascia   alle   singole
amministrazioni la scelta circa le misure da adottare con riferimento
ad ognuna delle categorie di rapporti di  lavoro  da  esso  previste.
Ciascun ente pubblico puo' determinare se e quanto ridurre  la  spesa
relativa a ogni singola tipologia contrattuale,  ferma  restando  la'
necessita' di osservare il  limite  del  50  per  cento  della  spesa
complessiva' rispetto a quella sostenuta nel 2009". 
    Va  segnalato  anche   che   a   seguito   della   pronuncia   di
incostituzionalita' dell'art. 3, comma 2, della  legge  regionale  28
settembre 2012, n. 48, lo stesso e' stato, cosi' riformulato: 
        "1.  La  Regione,  nei  rispetto  dei  principi  generali  di
coordinamento della finanza pubblica, attua quanto disposto dal comma
28 dell'articolo 9, e dai commi 7 e  9  dell'articolo  14,  del  d.l.
78/2010 convertito, con modificazioni, dalla l. 122/2010. 
        2. Al fine della determinazione del limite di  cui  al  comma
28, dell'articolo 9, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78  "Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica", convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, sono incluse tutte le spese sostenute per il  personale
assunto a tempo  determinato  nell'anno  2009,  ivi  compreso  quelle
sostenute per  il  personale  assunto  a  tempo  determinato  per  le
esigenze dei gruppi consiliari". 
    In sostanza, viene ampliato il plafond  di  spesa  del  2009  con
l'inclusione nella spesa per il personale  a  tempo  determinato  del
personale assunto a tale titolo per le esigenze dei gruppi consiliari
che pero', negli anni successivi, viene escluso dalla spesa sostenuta
per le stesse finalita' e che, a decorrere dal 2011, deve  rispettare
il limite fissato dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010. 
    La Regione,  in  merito  ai  rilievi  sollevati,  nel  corso  del
giudizio ha trasmesso una memoria in cui ha ribadito di  aver  "agito
correttamente nella fattispecie in esame applicando alla'  spesa  per
l'assunzione del personale dei gruppi consiliari il  tetto  di  spesa
costituito dal  costo  di  un'unita'  D  6  per  ciascun  consigliere
definito in applicazione del citato d.l. n. 174/2012 lasciando invece
per  le  assunzioni  per  le   segreterie   degli   organi   elettivi
(Presidente, Vice Presidente, Componenti dell'ufficio di Presidenza e
Presidenti di Commissione) il limite finanziario di cui  all'art.  9,
comma 28, del decreto n. 78/2010".  Inoltre,  ha  rappresentato  che:
"L'art. 32 della L.R. n. 42/2013, quindi, non si  pone  in  contrasto
con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza
pubblica di cui all'art. 9,  comma  28,  del  D.L.  n.  78/2010,  ne'
tantomeno si configura  quale  reiterazione  della  precedente  norma
censurata dalla Consulta con la citata sentenza n.  289/2013,  stante
il mutato quadro  normativo  statale  di  principio  in  materia.  Al
contrario, nel caso di specie, il legislatore regionale  ha  dipanato
la' questione facendo  ricorso  ai  normali  criteri  ermeneutici  di
interpretazione delle leggi (criterio di specialita' secondo cui  lex
specialis derogat legi generali e criterio  della  successione  delle
leggi nel tempo secondo cui lex posterior derogat  legi  priori),  in
applicazione dei quali i sopravvenuti letti di spesa posti  dall'art.
2, comma 1, lettera  h)  del  D.L.  n.  174/2012,  norma  speciale  e
successiva rispetto a quella precedente e generale rappresentata  dal
comma 28 dell'art. 9 del D.L. n. 78/2010, prevalgono  sui  limiti  di
spesa di quest'ultima". 
    Invero, l'art. 2, comma 1, del decreto legge 10 ottobre 2012,  n.
174, che reca il titolo "Riduzione dei  costi  della  politica  nelle
Regioni", dispone che:  "Ai  fini  del  coordinamento  della  finanza
pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, a decorrere  dal
2013 una quota pari all'80 per cento  dei  trasferimenti  erariali  a
favore delle regioni, diversi da quelli  destinati  al  finanziamento
del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali  e  per  le
non autosufficienze e al trasporto  pubblico  locale,  e'  erogata  a
condizione che la regione, con  le  modalita'  previste  dal  proprio
ordinamento, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei  mesi  dalla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto qualora occorra procedere a modifiche statutarie: omissis". 
    Fra le misure da adottare, alla lettera h), e'  indicata:  "abbia
definito,  per  le  legislature  successive  a  quella  in  corso   e
salvaguardando per le legislature correnti  i  contratti  in  essere,
l'ammontare delle spese  per  il  personale  dei  gruppi  consiliari,
secondo  un  parametro  omogeneo,  tenendo  conto  del   numero   dei
consiglieri,  delle  dimensioni  del   territorio   e   dei   modelli
organizzativi di ciascuna regione ". 
    La norma statale ha quindi indicato un metodo per  perseguire  un
contenimento dei costi della politica nelle Regioni. Successivamente,
la Conferenza Stato-Regioni (CSR) ha individuato un limite  di  spesa
parametrandolo unicamente al costo  di  un'unita'  D  6  per  ciascun
consigliere regionale. 
    Sulla questione anche la Sezione di controllo per le Marche,  con
la relazione allegata alla parifica del rendiconto 2018, ha  ritenuto
che nel vigente quadro ordinamentale  "coesistono  due  tipologie  di
vincoli operanti su piani differenti che producono effetti diversi  e
non pienamente sovrapponibili.  Il  primo  vincolo,  infatti,  agisce
sulle spese per  personale  (interno  ed  esterno)  dei  soli  gruppi
consiliari ed e' dettato da norme che perseguono il chiaro  obiettivo
della riduzione dei c.d. costi della politica (art. 1, c.1  lett.  h)
d.l. 174/2014; deliberazione CSR del 6 dicembre 2012; art. 1, c. 3 l.
r.  14/2014).  Il  secondo  vincolo  agisce,   invece,   sul   totale
complessivo delle spese per lavoro flessibile senza esclusione alcuna
(secondo l'insegnamento della Consulta) cora l'obiettivo  di  ridurre
la formazione del fenomeno del precariato e contribuire,  anche  dopo
le modifiche intervenute  con  l'approvazione  del  d.l.  90/2014,  a
ridurre i costi complessivi del personale. 
    Pertanto, a parita' di spesa  complessiva  l'eventuale  riduzione
della spesa per lavoro flessibile c.d. funzionale non puo' finanziare
un indefinito incremento della spesa per  il  personale  dei  gruppi,
stante il limite massimo posto dalla delibera della CSR cit. definito
in attuazione dell'art. 1, c.1 lett. h) del d.l. 174/2014. Viceversa,
in  base  ai  principi  ricavabili   dalla   sentenza   della   Corte
costituzionale cit., la spesa per il personale esterno dei gruppi non
puo' determinare il superamento dei limiti posti dall'art. 9,  c.  28
del d.l. 78/2010, anche se contenuta nei limiti massimi di  cui  alla
delibera della CSR cit.". 
    Peraltro,  l'art.  40  citato,  nella  misura  in   cui   intende
sostanzialmente riproporre una deroga ad  un  principio  fondamentale
nella  materia  del  coordinamento  della  finanza   pubblica,   gia'
dichiarata incostituzionale dalle pronunce n. 262 del 2012 e  n.  289
del  2013,  presenta   un   ulteriore   profilo   di   illegittimita'
costituzionale,   sub   specie   per   violazione    del    giudicato
costituzionale ex all'articolo 136 della Costituzione. 
    La  Corte  ha,  infatti,  in  piu'  occasioni  affermato  che  il
giudicato costituzionale e' violato non solo  quando  il  legislatore
emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella  gia'
ritenuta  lesiva  della  Costituzione,  ma  anche  laddove  la  nuova
disciplina   miri   a   perseguire   e   raggiungere,    "anche    se
indirettamente", esiti corrispondenti" (sentenze n. 73 del 2013,  245
del 2012, n. 223 del 1983, n. 88 del 1966 e n. 73 del 1963). 
    Alla luce delle precedenti considerazioni,  il  Collegio  ritiene
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010,  n.
40, come modificato dall'art. 32 della legge  regionale  20  novembre
2013, n. 42 con riferimento agli artt. 81, 97, comma 1, 117, comma 3,
Cost. (in relazione all'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78) e all'art. 136 Cost.